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Diritto di Famiglia

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Lo Studio Legale Perri, grazie all’esperienza pluriennale assiste i propri clienti in tutte le aree del Diritto di Famiglia, con particolare attenzione per quanto riguarda Separazione e Divorzio.

I professionisti dello Studio Legale Perri instaurano con il cliente un rapporto di fiducia reciproca e solo dopo aver valutato le problematiche del caso rappresentato, consigliano la soluzione migliore da prendere. Successivamente con la massima sensibilità e delicatezza e soprattutto nel modo meno traumatico possibile assistono il cliente in ogni fase della sua separazione o del suo divorzio.

Inoltre, lo studio legale è in grado di offrire la propria consulenza per la redazione di ogni tipologia di atto in materia, dalla separazione consensuale o giudiziale, al divorzio congiunto o giudiziale, dalla modifica delle condizioni di separazione o divorzio, alla richiesta di assegno di mantenimento per il coniuge, nonché, per la richiesta di affidamento della prole.

La separazione consensuale

La separazione consensuale è lo strumento attraverso il quale marito e moglie, di comune accordo tra loro, decidono di separarsi. La separazione consensuale non è quindi possibile in mancanza di un accordo tra i coniugi che investa ciascuna questione (diritti sul patrimonio, mantenimento del coniuge debole, diritti di visita e mantenimento della prole, assegnazione della casa coniugale). Sino all’entrata in vigore (il 13 settembre 2014) del decreto legge n. 132/2014 (convertito in legge n. 162 del 10 novembre 2014), la separazione acquisiva efficacia unicamente con un provvedimento cd. di omologa emesso dal Tribunale (in pratica il Tribunale si limita a validare, controllare e dichiarare efficaci le condizioni determinate dai coniugi congiuntamente). Con l’introduzione del citato decreto legge e della successiva legge di conversione n. 162/2014, volto a snellire il processo civile in determinate materie, sono state introdotte due nuove procedure per addivenire non solo alla separazione consensuale, ma anche alla cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione e divorzio.

La separazione consensuale è un procedimento a cui si ricorre quando i coniugi sono d’accordo sia nel richiedere la separazione, sia su come regolare i loro rapporti quando cessa la convivenza: quindi, sono d’accordo su come regolare l’affidamento dei figli, la loro dimora abituale ed il diritto di visita del genitore col quale non coabitano; l’assegnazione della casa coniugale; il contributo al mantenimento dei figli o del coniuge economicamente più debole; le altre eventuali questioni economiche e patrimoniali. E’ la forma di separazione legale sicuramente preferibile non solo per l’immaginabile minore conflittualità che si viene normalmente ad instaurare fra i coniugi (peraltro con notevoli riflessi positivi anche in merito ai rapporti con gli eventuali figli), ma anche perché presenta forme procedurali decisamente più snelle e rapide.

Come già accennato, sino all’entrata in vigore del D.L. 132/2914 (e della successiva legge di conversione n.162/2014) la separazione acquistava efficacia solo a fronte di un provvedimento emesso dal Tribunale (omologazione) a seguito di un ricorso promosso dai coniugi nel quale essi esprimevano la loro intenzione di separarsi concordando le condizioni.
Con la legge n 162/2014 sono state introdotte due nuove forme per la separazione consensuale:

  • Convenzione di negoziazione assistita da un avvocato;
  • Dichiarazioni dei coniugi al sindaco.

Il procedimento di omologazione è una delle procedure che i coniugi hanno ora a disposizione per addivenire alla separazione consensuale. Essendo disciplinato in un unico articolo del Codice di Procedura Civile e, per questo, è necessario ricorrere all’applicazione di alcune norme relative alla separazione giudiziale, per quanto compatibili.
La domanda si propone con ricorso che obbliga il Presidente del Tribunale a fissare con decreto, entro cinque giorni dal deposito in cancelleria, il giorno della data di comparizione delle parti per il tentativo di conciliazione. I coniugi sono obbligati a comparire personalmente davanti al Presidente. Non è necessaria l’assistenza di un difensore.
All’udienza di comparizione il Presidente deve sentire i coniugi, prima separatamente poi congiuntamente, tentando la conciliazione.
Se quest’ultima riesce il Presidente fa redigere il verbale di conciliazione, se non riesce fa verbalizzare la volontà dei coniugi di separarsi e le condizioni relative ai coniugi e alla prole. Esaurita la fase presidenziale, il tribunale decide in merito all’omologazione in camera di consiglio e, ottenuto il parere del P.M., se ritiene le condizioni concordate dai coniugi legittime e conformi all’interesse dei figli, emette il decreto di omologazione, che ha efficacia di titolo esecutivo (che è uno strumento per la soddisfazione dei diritti previsti dal decreto di omologazione) e deve essere annotato in calce all’atto di matrimonio dall’ufficiale di stato civile. Se il giudice reputa le condizioni stabilite dai coniugi nell’accordo non conformi alle norme del codice e agli interessi dei figli indica le modifiche da apportare all’accordo che, se non vengono recepite, possono comportare il rifiuto dell’omologazione.

La separazione consensuale acquista efficacia con l’omologazione da parte del Tribunale che è un atto di controllo relativo alla legittimità della separazione, vale a dire sull’esistenza e la validità del consenso prestato dai coniugi e la compatibilità delle condizioni con la legge e con i principi di ordine pubblico. Nonostante le parti, infatti, possano in maniera insindacabile valutare la sussistenza dei presupposti per la separazione, non possono non rispettare i doveri che derivano dal loro stato di coniugi né regolare in totale libertà determinati rapporti essendo, per esempio, tenuti a rispettare alcuni obblighi come quello di mantenimento del coniuge separato privo di mezzi adeguati.
Da ciò deriva la nullità (cioè l’invalidità) – rilevabile dal giudice stesso e comportante l’esclusione dell’omologa – di un’eventuale clausola che comportasse l’esclusione di tale obbligo al mantenimento. Nello stesso modo, accanto al controllo di legittimità, il giudice deve effettuare un controllo sul merito relativo alla salvaguardia degli interessi dei figli.
In caso, infatti, di contrasto con le disposizioni relative all’affidamento e al mantenimento dei figli  il giudice riconvoca i coniugi indicando le modificazioni che gli stessi devono adottare nell’interesse della prole e in caso di “inidonea soluzione” può rifiutare l’omologazione.

Validità degli accordi non contenuti nel decreto di omologa. Il verbale di omologazione non contiene sempre la disciplina completa degli accordi dei coniugi. Spesso vengono conclusi patti integrativi o modificativi rispetto a quelli omologati e possono essere contestuali, antecedenti o successivi all’omologazione. Circa l’ammissibilità e la validità di questi patti non c’è una posizione univoca; secondo alcuni, infatti, tali accordi (anche successivi) dovrebbero essere sottoposti ad omologa perché possano essere efficaci.

La convenzione di negoziazione assistita. E’ una procedura conciliativa ed alternativa, introdotta con il D.L. 132/2014 e confermata nella legge di conversione n. 162/2014, che consiste in un accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l’assistenza dei propri avvocati (almeno uno per parte). La soluzione negoziale della lite raggiunta deve essere conclusa in forma scritta; gli avvocati la sottoscrivono, ne garantiscono la conformità «alle norme imperative e dall’ordine pubblico» e certificano le sottoscrizioni apposte dalle parti sotto la propria responsabilità. L’accordo concluso costituisce così titolo esecutivo. Il procedimento di negoziazione assistita da un avvocato può essere utilizzato anche nel caso di separazione personale dei coniugi, cessazione degli effetti civili del matrimonio, scioglimento del vincolo (divorzio) o modifica delle condizioni di separazione o divorzio. L’accordo concluso davanti ad un avvocato (e non più davanti al Tribunale) produce i medesimi effetti dei provvedimenti giudiziari che concludono il procedimento di separazione senza bisogno di omologazione e, in base ad esso, verranno effettuate le annotazioni negli atti di matrimonio. L’avvocato nominato, infatti, raccoglie in un atto scritto e sottoscritto dalle parti in sua presenza la volontà dei coniugi ed entro 10 giorni ne trasmette una copia autenticata da egli stesso  all’ufficiale di stato civile del Comune in cui è stato iscritto o trascritto l’atto di matrimonio (solitamente coincide con il luogo di celebrazione). L’ufficiale dello stato civile procede, in tal modo, con le annotazioni richieste dalla legge. La violazione dell’obbligo da parte dell’avvocato di trasmissione allo stato civile comporta una sanzione amministrativa pecuniaria irrogata dal Comune competente. Occorre, tuttavia, distinguere due situazioni:

  • se non vi sono figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero   economicamente   non autosufficienti, l’accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita è trasmesso al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente il quale, quando non ravvisa irregolarità, comunica agli avvocati il nullaosta per gli adempimenti successivi;
  • se vi sono figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti, l’accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita deve essere trasmesso entro il termine di dieci giorni al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente, il quale, quando ritiene che l’accordo risponde all’interesse dei figli, lo autorizza. Quando ritiene che l’accordo non risponde all’interesse dei figli, il procuratore della Repubblica lo trasmette, entro cinque giorni, al presidente del tribunale, che fissa, entro i successivi trenta giorni, la comparizione delle parti e provvede senza ritardo. (Il procedimento relativo al rilascio da parte del Procuratore della Repubblica del nulla osta o dell’autorizzazione è esente dal contributo unificato di iscrizione a ruolo dovuto per ciascun grado di giudizio su richiesta di attività giurisdizionali delle parti interessate. Allo stesso modo è esente il procedimento davanti al Presidente del Tribunale).

Nell’accordo si da’ atto che gli avvocati hanno tentato di conciliare le parti e le hanno informate della possibilità di esperire la mediazione familiare e che hanno informato le parti dell’importanza per il minore di trascorrere tempi adeguati con ciascuno dei genitori.

Dichiarazione al Sindaco. Un «accordo di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio», nonché per la modificazione delle condizioni di separazione o di divorzio può essere ottenuto anche attraverso separate dichiarazioni dei coniugi, che possono facoltativamente farsi assistere da un avvocato, rese al sindaco, quale ufficiale dello stato civile. Con tale dichiarazione non possono essere conclusi patti di trasferimento patrimoniale (non crea problemi, però, la previsione, nell’accordo concluso davanti all’ufficiale dello stato civile, di un obbligo di pagamento di una somma di denaro a titolo di assegno periodico). Ricevute le dichiarazioni l’accordo viene immediatamente compilato dallo stesso ufficiale di stato civile. Il medesimo accordo produce gli effetti dei provvedimenti giudiziari senza bisogno di omologazione giudiziale e in base ad esso verranno effettuate le dovute annotazioni negli atti di matrimonio. Nei casi di separazione personale, ovvero di cessazione degli effetti civili del matrimonio o di scioglimento del matrimonio secondo condizioni concordate, l’ufficiale dello stato civile, quando riceve le dichiarazioni dei coniugi, li invita a comparire di fronte a se non prima di trenta giorni dalla  ricezione per la conferma dell’accordo. La mancata comparizione equivale a mancata conferma dell’accordo. La legge stabilisce che non si può ricorrere alla procedura davanti al Sindaco quale ufficiale dello stato civile, oltre che nel caso in cui uno dei coniugi non ritenga di dover accordarsi, anche quando vi siano figli in comune tra i due coniugi che siano minorenni ovvero maggiorenni ma incapaci di intendere e volereportatori di handicap,non economicamente.

Revisione delle condizioni. Le condizioni di separazione consensuale sono sempre modificabili (sia che derivino da un decreto di omologazione sia che siano state stabilite con convenzione di negoziazione assistita). Nel caso, infatti, in cui mutino le circostanze di fatto e di diritto le condizioni possono essere rivisitate e ogni eventuale clausola contenente la rinuncia alla modifica delle stesse risulta totalmente inefficace. La legge, se prima del D.L.132/2014 consentiva ai coniugi di chiedere al tribunale la modificazione dei provvedimenti relativi a loro, ora ammette che la modifica delle condizioni sia effettuata anche mediante convenzione di negoziazione assistita ammettendone la revisione qualora sussistano giustificati motivi, la cui sussistenza deve essere provata dal coniuge che ne richieda la modifica. Le circostanze che giustificano il mutamento delle condizioni possono essere soggettivi (per esempio le condizioni di salute etc.), oggettivi (per esempio le sopravvenute precarie condizioni economiche etc.).

Provvedimenti relativi ai figli. In fase di separazione vengono anche adottati i provvedimenti relativi ai figli. Il d.lgs. 154/2013 ha introdotto gli artt. 337 bis e seguenti che disciplinano l’esercizio della responsabilità genitoriale a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio ovvero all’esito di procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio. In particolare il legislatore si è occupato dei seguenti aspetti:

  1. Diritto del figlio di mantenere un rapporto equilibrato con entrambi i genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione ed assistenza;
  2. Esercizio della responsabilità genitoriale da parte di entrambi i coniugi;
  3. Obbligo dei genitori di mantenere i figli in proporzione al loro reddito;
  4. Assegnazione della casa coniugale in base all’interesse dei figli e tenendo conto del diritto di proprietà e della regolazione dei rapporti economici;
  5. Ascolto del minore – salvo il caso in cui sia per lui dannoso o superfluo – qualora debbano essere presi provvedimenti che lo riguardano;
  6. Obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni nel caso in cui essi non siano autosufficienti economicamente.

La separazione giudiziale

La separazione giudiziale è un procedimento attraverso il quale uno solo dei coniugi o ciascuno di essi con proprio ricorso autonomo (in questo caso si hanno due iniziative distinte che verranno riunite) chiedono al Tribunale competente di pronunciare una sentenza di separazione che regoli i loro rapporti, essendo cessata la convivenza tra loro. La separazione giudiziale si distingue da quella consensuale perché in quest’ultima i coniugi sono d’accordo sia nel richiedere al Tribunale la separazione, sia su come regolare i loro rapporti circa l’affidamento dei figli, l’assegnazione della casa coniugale e le questioni economiche e patrimoniali.

La separazione giudiziale è il procedimento promosso da uno dei coniugi in contrasto con l’altro con il quale si ottiene una sentenza di separazione e si verifica quando si realizzano dei fatti, anche indipendenti dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, tali da rendere intollerabile la convivenza o da recare pregiudizio all’educazione dei figli.

La separazione giudiziale, secondo il vecchio testo dell’art. 151 del Codice Civile, poteva essere ottenuta da un coniuge solo adducendo una “colpa” dell’altro, che doveva consistere in una delle cause elencate nel testo allora vigente del codice (adulterio, sevizie, minacce, violenze, ingiurie gravi, condanna a pene per reati gravi, volontario abbandono, eccessi, mancata fissazione della residenze o fissazione di una residenza con convivente).
Non era ammessa una domanda di separazione fondata sul solo fatto di non voler più continuare la vita in comune.
Il nuovo testo dell’art. 151 del Codice Civile consente di chiedere la separazione nel caso in cui la prosecuzione della convivenza sia diventata “intollerabile” (per entrambi o per uno solo di essi) o tale da recare grave pregiudizio all’educazione della prole”. Questi presupposti possono verificarsi “indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi”.

Molto si è discusso su cosa intenda il legislatore con il termine “intollerabilità della convivenza”:

  1. Tesi minoritaria: l’intollerabilità è stata causata dalla violazione dei doveri nascenti dal matrimonio.
  2. Tesi prevalente: l’intollerabilità può derivare anche da situazioni indipendenti da violazioni di obblighi coniugali (ad esempio incompatibilità di carattere o nelle abitudini e modi di vivere).

Esemplificando la separazione può essere chiesta quando la frattura del rapporto coniugale dipenda da disaffezione e distacco spirituale anche di una sola delle parti e nonostante l’altro coniuge abbia assunto un atteggiamento di accettazione e disponibilità che può trovare spiegazione nel tentativo di recuperare il rapporto.
Le situazioni di intolleranza della prosecuzione della convivenza e di pregiudizio per la prole si verificano anche  quando non risulti che i coniugi hanno avuto un comportamento volontariamente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio ma è semplicemente venuta meno l’affezione tra i due che esprimono l’intenzione di non voler più condividere la comunanza di vita che richiede il matrimonio. Anche il fallimento del tentativo di conciliazione e la elevata conflittualità delle parti costituiscono elementi idonei a rilevare la presenza di una situazione di intollerabilità.

L’addebito della separazione. Nel caso in cui il fallimento della vita in comune sia da ricondurre a comportamenti contrari ai doveri che derivano dal matrimonio da parte di uno dei coniugi, il giudice, se gli viene richiesto, può dichiarare nella sentenza a chi sia addebitabile la separazione. La pronuncia di addebito comporta degli effetti di ordine patrimoniale ed economico: al coniuge che sia dichiarato responsabile della separazione non può, infatti, essere attribuito l’assegno di mantenimento ma, se ricorrono i presupposti, gli può solo essere riconosciuto il diritto agli alimenti. Il coniuge cui sia stata addebitata la responsabilità della separazione vede limitati anche i suoi diritti successori nei confronti del patrimonio dell’altro coniuge.

La domanda di separazione si propone con ricorso. Il ricorso deve contenere l’esposizione dei fatti sui quali si fonda la domanda, la dichiarazione sull’esistenza di prole e devono essere allegate le dichiarazioni dei redditi degli ultimi anni dei due coniugi (possibilmente gli ultimi tre anni). Il Presidente del Tribunale accoglie il ricorso e, nei cinque giorni successivi al deposito dello stesso, fissa con decreto:

  • La data (entro novanta giorni dal deposito del ricorso) dell’udienza di comparizione dei coniugi davanti a sé;
  • Il termine per la notificazione del ricorso a cura del coniuge che l’ha promosso e del decreto al coniuge convenuto;
  • Il termine entro cui il coniuge convenuto può depositare la memoria difensiva e i documenti.

L’udienza di comparizione si svolge davanti al Presidente del Tribunale e devono comparire obbligatoriamente e personalmente i coniugi con l’assistenza dei rispettivi legali.

Se entrambi i coniugi compaiono all’udienza il Presidente tenta la conciliazione cercando di far desistere le parti dal separarsi: se si accordano e si riconciliano viene redatto processo verbale e la causa si estingue.

Se la conciliazione non riesce, nomina il giudice istruttore e fissa udienza di comparizione e trattazione davanti a quest’ultimo.

La seconda fase del processo di separazione si svolge davanti al Giudice Istruttore ed è simile ad un processo ordinario con la differenza che il giudice non può tentare nuovamente la riconciliazione e può assumere d’ufficio nuove prove relative alla prole. Nel caso in cui, oltre all’istanza di separazione, ci siano altre questioni da trattare (divisione del patrimonio ecc.) il giudice può emettere una sentenza non definitiva di separazione con la quale sentenzia immediatamente la separazione e fa proseguire la causa solo per risolvere le residue questioni.
Il giudizio si conclude con una sentenza di separazione emessa dal Tribunale che può essere impugnata come una sentenza ordinaria (ossia può essere richiesta una rivisitazione della sentenza ad altro giudice).

Il Presidente dà con ordinanza i provvedimenti temporanei ed urgenti che reputa opportuni nell’interesse dei figli (affidamento) e dei coniugi (assegnazione dell’abitazione e mantenimento del coniuge), nomina il giudice istruttore, fissa il giorno in cui si terrà l’udienza davanti allo stesso giudice istruttore, fissa il termine entro il quale il coniuge convenuto si deve costituire se non lo ha già fatto partecipando all’udienza di comparizione.
L’ordinanza è immediatamente esecutiva (cioè costituisce un titolo per attivare l’esecuzione forzata, ossia un procedimento per la soddisfazione dei diritti del coniuge), modificabile e revocabile in ogni momento con successiva ordinanza del giudice istruttore, è appellabile in ogni momento con reclamo presso la Corte d’Appello.
Il Tribunale emette sentenza relativa alla separazione, che può essere anche non definitiva nel caso in cui il processo deve continuare per la definizione delle questioni economiche e di quelle relative alla richiesta di addebito e all’affidamento dei figli. Con particolare riferimento ai provvedimenti relativi ai figli, il d.lgs. 154/2013 ha introdotto un insieme di norme uniche e comuni per i rapporti genitoriali: i nuovi artt. da 337 bis a 337 octies dettano delle regole di riferimento in materia di separazione e di rapporti tra genitori e figli.

Importanti novità:

  1. Affidamento ad un solo genitore e opposizione all’affidamento condiviso;
  2. Assegnazione della casa coniugale in base al titolo di proprietà e agli accordi economici e valutato l’interesse dei figli;
  3. Obbligo dell’ascolto del minore, salvo il caso in cui sia superfluo o dannoso per lo stesso;
  4. Obbligo di mantenimento dei figli minori e maggiorenni se non autosufficienti economicamente.

Revisione delle condizioni di separazione. Le statuizioni contenute nella sentenza di separazione possono essere, in qualsiasi momento, per giustificati motivi, revocate o modificate dal tribunale su istanza di uno o di entrambi i coniugi. Alcuni esempi sono da ricondurre al caso di sopravvenute ulteriori necessità economiche del coniuge titolare del diritto all’assegno, o viceversa, di miglioramento della sua condizione economica, o di variazione di quella del coniuge obbligato. Nella stessa misura i provvedimenti relativi ai figli sono sempre modificabili sia per quanto riguarda il loro affidamento), sia relativamente all’attribuzione dell’esercizio della responsabilità genitoriale su di essi  e delle eventuali disposizioni in materia di misura e modalità del contributo. L’assegno di mantenimento, sia a favore dell’altro coniuge sia a favore dei figli, è rivalutato annualmente secondo gli indici Istat.

L’obiettivo dello studio è quello di seguire ogni singolo cliente con la medesima cura ed attenzione instaurando un rapporto di fiducia reciproca che diviene estremamente rilevante data l’importanza degli interessi in gioco.

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