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Corte di Cassazione Sezione 1 Civile Ordinanza|16 marzo 2022| n. 8586

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6785/2015 R.G. proposto da:

FALLIMENTO DELLA (OMISSIS) S.R.L., in persona del curatore p.t. Dott. (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv. Prof. (OMISSIS), con domicilio eletto in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.P.A., in persona del procuratore speciale (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso il decreto del Tribunale di Napoli n. 255/15, depositato il 3 febbraio 2015.

udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 28 ottobre 2021 dal Consigliere Dott. Guido Mercolino.

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto del 3 febbraio 2015, il Tribunale di Napoli ha accolto l’opposizione proposta dalla (OMISSIS) S.p.a. avverso lo stato passivo del fallimento della (OMISSIS) S.r.l., ammettendo al passivo in via privilegiata un credito di Euro 582.295,00, a titolo di restituzione dell’importo residuo di un mutuo fondiario concesso il 20 febbraio 2004, comprensivo degl’interessi corrispettivi calcolati al tasso convenzionale e maturati per l’anno in corso alla data del fallimento e nel biennio anteriore, ai sensi dell’articolo 2855 c.c..

A fondamento della decisione, il Tribunale ha ritenuto provata, oltre che incontestata, l’effettiva erogazione della somma mutuata, richiamando la documentazione prodotta, attestante l’accredito della somma erogata sul conto corrente intestato alla societa’ fallita, un atto di transazione stipulato dinanzi ad un notaio, l’atto di quietanza, frazionamento e concessione d’ipoteca sottoscritto il 19 gennaio 2005, le note d’iscrizione ipotecaria e le annotazioni riportate a margine delle stesse. Ha osservato che, diversamente dal contratto di finanziamento, avente natura consensuale, quello di mutuo si perfeziona al momento della consegna della somma mutuata, anche mediante accredito su un conto corrente bancario, indipendentemente dalla successiva manifestazione di volonta’ del mutuante. In ordine al quantum debeatur, ha invece richiamato il piano di ammortamento allegato al mutuo, rilevando che dallo stesso era possibile evincere l’ammontare del capitale residuo alla data del fallimento e le voci che lo integravano; ha precisato al riguardo che la societa’ fallita aveva pagato soltanto sei rate del mutuo, con la conseguenza che la sorta capitale delle quote dovute ammontava ad Euro 486.929,90, cui dovevano aggiungersi gl’interessi fino alla data del fallimento, nella misura prevista dall’articolo 2855 c.c., commi 2 e 3. , c.c. Ha ritenuto infondata l’eccezione di genericita’ della domanda sollevata dal curatore del fallimento, osservando che quest’ultimo non aveva allegato ne’ provato la debenza di una somma diversa, ed aggiungendo che ai fini dell’indicazione dei cespiti cui si riferivano le quote dovute doveva ritenersi sufficiente il rinvio al contratto di mutuo, recante l’analitica descrizione dei beni ipotecati.

2. Avverso il predetto decreto il curatore del fallimento ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi, illustrati anche con memoria. La Banca ha resistito con controricorso, anch’esso illustrato con memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo d’impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, articolo 99, comma 3, e degli articoli 164 e 267 c.p.c., osservando che, nel rigettare l’eccezione di genericita’ della domanda, il Tribunale non ha considerato che, nonostante l’intervenuto frazionamento e la parziale estinzione del mutuo, l’opponente si era limitata ad indicare un importo complessivo, senza individuare puntualmente i cespiti ancora gravati da ipoteca e senza riportare il conteggio dettagliato degl’interessi.

1.1. Il motivo e’ inammissibile.

La parte che in sede di legittimita’ intenda denunciare la nullita’ dell’atto introduttivo del giudizio per genericita’ delle indicazioni nello stesso contenute e’ infatti tenuta, in ossequio al principio di specificita’ dell’impugnazione, a riportarne nel ricorso i passi salienti, in modo tale da permettere a questa Corte di cogliere esattamente la portata della censura proposta, prima ancora di verificare in concreto l’idoneita’ degli elementi forniti dall’attore a consentire l’individuazione del petitum e della causa petendi della pretesa avanzata in giudizio. La natura processuale del vizio lamentato, nel cui accertamento questa Corte e’ chiamata ad operare come giudice anche del fatto, procedendo al riscontro della nullita’ attraverso l’esame diretto degli atti di causa, indipendentemente dalla motivazione del provvedimento impugnato, non dispensa infatti il ricorrente dall’onere di specificare il contenuto della critica mossa alla decisione, indicando puntualmente i fatti processuali da cui si desume l’errore denunciato (cfr. Cass., Sez. I, 6/09/2021, n. 24048; Cass., Sez. V, 29/09/ 2017, n. 22880; Cass., Sez. lav., 17/01/2014, n. 896). Tale onere nella specie non puo’ ritenersi correttamente adempiuto, essendosi il ricorrente limitato a trascrivere, a corredo delle proprie censure, il contenuto della comparsa di costituzione depositata nel giudizio di primo grado, dal quale si evincono soltanto le indicazioni riportate nelle conclusioni rassegnate dalla creditrice, e non anche gli elementi di fatto allegati a sostegno delle stesse, con la conseguente impossibilita’ di stabilire se il ricorso introduttivo risultasse effettivamente carente nell’individuazione dell’oggetto della prelazione e degli elementi necessari per il calcolo degl’interessi.

2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione dell’articolo 2697 c.c., sostenendo che, nell’evidenziare la mancata allegazione della debenza di un diverso importo, il decreto impugnato non ha considerato che la prova del credito spettava all’opponente, attraverso la produzione della documentazione attestante non solo la stipulazione e l’erogazione del mutuo, ma anche l’esatto ammontare delle quote ed il collegamento tra le stesse e gl’immobili ancora ipotecati.

2.1. Il motivo e’ inammissibile.

In quanto riflettenti l’errata ripartizione degli oneri di allegazione e prova, le censure proposte dal ricorrente non attingono infatti la ratio decidendi del decreto impugnato, il quale, nel porre in rilievo la mancata indicazione da parte del curatore di un importo diverso da quello per cui la Banca aveva chiesto l’ammissione al passivo, non ha inteso fondare su tale considerazione l’accoglimento della domanda, avendo dato precedentemente atto dell’avvenuta produzione del contratto di mutuo con l’allegato piano di ammortamento, degli estratti conto attestanti l’erogazione del relativo importo, delle note d’iscrizione ipotecaria e dell’atto di frazionamento, da cui risultavano l’importo delle rate non pagate e degl’interessi, con la conseguente configurabilita’ della predetta affermazione come un mero obiter dictum, concretamente ininfluente sulla decisione adottata, e quindi insuscettibile d’impugnazione, per difetto d’interesse (cfr. Cass., Sez. I, 10/04/2018, n. 8755; Cass., Sez. lav., 22/10/2014, n. 22380; 22/11/2010, n. 23635).

3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta, in via subordinata, la violazione e la falsa applicazione degli articoli 115, 116 e 132 c.p.c. e degli articoli 2704, 2709, 2710 e 2855 c.c., censurando il decreto impugnato nella parte in cui, ai fini della determinazione del quantum debeatur, ha rinviato alle indicazioni del piano di ammortamento, non allegato ne’ al contratto di mutuo ne’ all’atto di frazionamento. Premesso infatti che l’unico allegato presente negli atti era costituito da un elenco delle quote in cui era stato frazionato il mutuo e degl’immobili corrispondenti alle stesse, sostiene che gli altri documenti prodotti risultavano predisposti unilateralmente dalla Banca e non opponibili al fallimento, in quanto privi di data certa, non estratti dalle scritture contabili e comunque generici. Aggiunge che le quote per cui era stata chiesta l’ammissione al passivo non corrispondevano a quelle risultanti dai predetti documenti e dall’atto di transazione prodotto in giudizio e non risultavano collegate ai dati catastali degli immobili ancora ipotecati. Afferma inoltre che, nel fare riferimento agl’interessi compresi nella somma complessivamente richiesta, il Tribunale non ha tenuto conto dell’impossibilita’ di determinare con esattezza le quote conteggiate ne’ dell’avvenuta inclusione nel predetto importo anche degl’interessi moratori e d’interessi corrispettivi eccedenti la misura indicata dall’articolo 2855 c.c.. Rileva infine che il decreto impugnato ha omesso di stabilire che, come eccepito da essa ricorrente, gl’interessi moratori erano dovuti sulle sole quote di capitale delle rate scadute.

3.1. Il motivo e’ inammissibile.

Nella parte concernente l’identificazione del piano di ammortamento del mutuo con l’elenco delle quote in cui lo stesso era stato frazionato, le censure proposte dal ricorrente riflettono infatti una falsa rappresentazione del contenuto dei documenti prodotti, e quindi un errore percettivo, non deducibile con il ricorso per cassazione, neppure per vizio di motivazione, ma solo con la revocazione ai sensi dell’articolo 395 c.p.c., n. 4, da proporsi dinanzi al medesimo giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. V, 9/10/2015, n. 20240; 29/07/2011, n. 16659; Cass., Sez. III, 16/05/2006, n. 11373).

Nella parte riguardante la valenza probatoria dei documenti prodotti, le medesime censure mirano invece a sollecitarne un rinnovato apprezzamento, non consentito a questa Corte, alla quale non spetta il compito di riesaminare il materiale probatorio acquisito agli atti, ma solo quello di verificare la correttezza giuridica e la coerenza logico-formale delle argomentazioni svolte al riguardo dal giudice di merito, cui sono demandati in via esclusiva l’individuazione delle fonti del proprio convincimento, il controllo della loro attendibilita’ e concludenza e la scelta, tra le complessive risultanze del processo, di quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicita’ dei fatti ad esse sottesi (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. VI, 13/01/2020, n. 331; Cass., Sez. V, 4/08/2017, n. 19547; Cass., Sez. lav., 14/11/2013, n. 25608).

4. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 13.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

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